Il caso Fabrizio Corona. Il fotografo, questo sconosciuto

paparazziLa condanna di Fabrizio Corona obbliga ad una riflessione sui modi in cui il mondo dell’informazione veicola alcune notizie ai media. Senza entrare nel merito della sentenza, argomento che non mi compete e relativamente al quale non ha preparazione professionale alcuna, d’altronde faccio il fotografo non il giudice.Già, proprio il fotografo, professione che Corona solo agli inizi della sua carriera ha esercitato ma che lo identifica in tutti i servizi e notizie giornalistiche legati ai suoi processi. Così gli onesti operatori della fotografia che quotidianamente svolgono l’attività nei crismi della legalità e della professionalità, vengono “centrifugati” nella lavatrice mediatica della notizia.
A me, che ho l’onore di rappresentare questa categoria raccolta all’interno dell’Unione Comunicazione e Terziario Avanzato uno dei dieci raggruppamenti di settore che insieme alle associazioni territoriali costituiscono la CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e delle Piccole e Medie Imprese, l’attuale situazione fa inorridire.
In Italia abbiamo 10.000 operatori, che rappresentano il contenitore della memoria (di questa distratta Nazione), valga come esempio l’Archivio Alinari senza il quale della storia del nostro Paese se ne sarebbe persa una grande parte, lo stesso dicasi per Contrasto, Grazia Neri, Magnum, Fototeca Gilardi e centinaia d’altre esperienze sparse nel territorio che danno valore aggiunto alla nostra cultura, rafforzando l’immagine del Made in Italy nel mondo.

Ebbene cari colleghi giornalisti, sommessamente Vi chiedo di prestare maggiore attenzione all’abbinamento “Corona – fotografo”, poiché la professione (talvolta) è la scusa per commettere il reato e la categoria ne esce incolpevolmente malconcia. Bastavano e avanzavano già quelli che si definiscono fotografi senza aver nessun titolo per farlo: “I fotografi della domenica, quelli che non rilasciano fattura”; ci mancava anche Corona.
Vi sono colleghi che vengono apostrofati con l’appellativo “hei corona facci una foto” mentre svolgono con professionalità e competenza il proprio lavoro, questo è molto offensivo e denigratorio superando di gran lunga lo storico “paparazzo”.
In questi giorni verrà pubblicata da UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) la norma a cui le Associazioni dei fotografi hanno lungamente e duramente lavorato al fine di identificare e qualificare l’operatore nello svolgimento della sua attività nei confronti del cittadino e delle imprese.
Un grande passo in avanti voluto dai fotografi professionisti italiani (quelli veri) per dare effettiva dignità, alla figura del fotografo, termine parecchie volte impropriamente usato ed in alcuni casi davvero abusato.

Andrea Nannini
Presidente Nazionale CNA Comunicazione e Terziario Avanzato

 

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